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“Il diario di Sisifo”, il primo film scritto da un’Intelligenza Artificiale. Ed è italiano.

Immagine tratta da Il diario di Sisifo

Qualche giorno fa trovo nella mia casella di posta LinkedIn un messaggio di Mateusz, che si presenta come produttore e regista cinematografico. Mi segnala un progetto a cui sta lavorando: “primo lungometraggio al mondo a essere stato scritto da un’Intelligenza Artificiale, interamente ideato e prodotto in Italia.”

Sono incuriosito ma anche sospettoso. Quando c’è euforia intorno a qualche tecnologia spuntano anche molti “dilettanti allo sbaraglio” che tentano di cavalcare l’onda. Mi lascia il link a un teaser. Il video mi intriga (è professionale). Vado a controllare il suo profilo e scopro che Mateusz Miroslaw Lis è anche studente di Ingegneria dell’Informazione all’Università di Padova. Ah. Ok, ora sono davvero curioso.

Gli chiedo se vogliamo fare una call. Accetta. Un pomeriggio di sabato mi siedo davanti al computer. Mateusz e Stefano Pellizzari, studente di Lettere, Comunicazione e Spettacolo all’Università di Trieste, insieme co-produttori del film “Il diario di Sisifo” (e soci nella società di produzione Briefcase Films), mi raccontano genesi e obbiettivi del loro progetto audiovisivo.

La loro è una propensione innata alla sperimentazione. Mateusz mi racconta che, fin dall’inizio della sua carriera universitaria, ha coniugato l’amore per il cinema con l’interesse per il settore dell’Intelligenza Artificiale. Uno dei primi cortometraggi realizzati con Stefano è stato “Frammenti di anime meccaniche”, circa un anno e mezzo fa. L’ispirazione per questo progetto è venuta, tra l’altro, da “Sunspring”, un corto del regista Oscar Sharp scritto nel 2016 da un’intelligenza artificiale chiamata Benjamin (più precisamente un algoritmo basato su una LSTM recurrent neural network).

La sceneggiatura di “Frammenti di anime meccaniche” è stata invece scritta grazie a GPT-2, l’IA open source creata da OpenAI progenitrice dell’attuale ChatGPT. Le sono state date in pasto, per un’operazione di “fine tuning”, sceneggiature di vari autori non convenzionali come Charlie Kauffman (“Essere John Malkovich”), Alejandro González Iñárritu (“Birdman”), Spike Jonze (“Her”), Sofia Coppola (“Lost in Translation”)

Questo per ”portare fin da subito al limite la comprensione linguistica dell’algoritmo” mi spiega Mateusz. La sceneggiatura è stata generata sequenzialmente, scena dopo scena, dialogo dopo dialogo. Il risultato è stato accettabile, anche se rappresentava solo un primo passo nell’esplorazione del paesaggio creativo-cinematografico dell’IA.

Quando è arrivato il momento di girare, come parte integrante della performance artistica e del progetto scientifico, a cast e troupe non è stato detto che l’autore dello script era un “intelligenza alternativa”, non biologica. Il mistero è stato svelato solo nella proiezione privata, generando reazioni di spiazzamento e di curiosità.

La propensione a utilizzare strumenti e servizi di frontiera li ha portati a collaborare, per questo primo corto, con Paus, piattaforma inglese blockchain-based che permette il finanziamento di opere audiovisive tramite vendita di NFT.

Mateusz ha poi voluto continuare le sperimentazioni. Questa volta utilizzando GPT-J, versione open di GPT-3, per scrivere le sceneggiature di due corti, uno dei quali, ”Fehlleistung”, è stato co-sceneggiato dallo stesso Mateusz: lui scriveva delle parti e le lasciava completare all’algoritmo.

Acquisite competenze tecniche e “relazionali” con queste tipologie di IA, Mateusz e Stefano hanno deciso di realizzare un lungometraggio (anche per una sana ambizione di essere i primi a farlo). Vista la rapida evoluzione degli algoritmi, è stato stavolta utilizzato GPT NeoX, molto vicino a GPT-3 in quanto a performance e ampiezza dei dataset di training.

Il procedimento di creazione dello script è stato diverso rispetto agli altri lavori. Innanzitutto sono stati dati dei vincoli al modello: il tipo di location (il Friuli in questo caso), il budget a disposizione, le tipologie di attori del cast ecc. E già questo apre scenari enormi per le produzioni cinematografiche. A questo punto è stata generata una sinossi. Questa è diventata l’input per far generare un proto-soggetto con un’architettura di base della storia. Questo a sua volta è diventato l’input per la generazione di una sequenza di scene. Infine, per ciascuna scena, si è chiesto al modello di generare i dialoghi. Un metodo per raffinamenti successivi che ha portato, secondo Mateusz, un livello di coerenza della storia decisamente più alto.

Il risultato è stata la sceneggiatura di sessantaquattro pagine de “Il diario di Sisifo“, meno dello standard per un lungometraggio, ma comunque in grado di produrre un film di circa un’ora e cinquanta minuti.

Una riflessione nasce dal fatto che, essendo la sceneggiatura in inglese, ne è stata fatta una traduzione in italiano. Anche i film stranieri vengono tradotti ma in quel caso c’è un contesto linguistico e culturale che agevola l’opera di traslazione da una lingua all’altra. Qui il contesto non c’è, o, perlomeno, è privo di appigli immediatamente riconoscibili, con sfumature nascoste o deformate negli immensi dataset di addestramento del modello. Un’esperienza interessante sarebbe vedere il film con i sottotitoli in inglese, come suggerisce Mateusz.

Un quesito che mi è sorto riascoltando la nostra chiacchierata: Sapendo che una sceneggiatura è scritta da un’IA, si hanno più tentazioni di prendersi “libertà” registiche? Mateusz risponde con acute osservazioni che riporto quasi integralmente perché investono temi centrali nel rapporto di cooperazione tra umano e intelligenza artificiale (in qualsiasi campo, ancor più in quelli creativi).

Per propria natura la sceneggiatura cinematografica si presenta al tempo stesso molto specifica e incredibilmente generale. Anche in questo caso moltissime cose, alcune che potremmo definire sciocchezze (l’inquadratura specifica di una tazza, la pausa tra dialoghi in un dato momento, etc.), sono iniziative dell’IA, altre, immancabilmente, finiscono per essere scelte, per estetica o semplice necessità di produzione, dal regista. Diverte molto ripensare quante volte, specialmente nel rapporto con gli attori, mi sia sentito nell’obbligo di rispondere con frasi del tipo: “siamo sicuri che GPT-NeoX approverebbe questa iniziativa?”.

Detto ciò, sebbene alcune situazioni siano particolarmente affini con la mia visione, riguardando il film non posso che restare convinto che quest’ultimo non è un mio film. Immagino che registi diversi avrebbero prodotto film molto diversi, ma resto ugualmente sicuro sul fatto che l’atmosfera generale, che supera il semplice surreale, sia di una matrice specifica attribuibile a GPT-NeoX, magari non inteso come entità cosciente indipendente, ma sicuramente come agglomerato di “frammenti di umanità”, manifestati nella semplice forma del testo.

In sintesi, in questo specifico caso, con chiare intenzioni sperimentali, non mi sono sentito di prendermi troppe libertà, per mantenere un metodo il più possibile scientifico e poter contare sulla purezza del risultato.”

Ora il giudizio passa al pubblico (nonché ai critici e agli addetti ai lavori, ai festival). Le prime reazioni sono state sospese tra incredulità, rifiuto, curiosità. Il film e i cortometraggi stanno per transitare nei festival. Nel frattempo, “Frammenti di anime meccaniche” è candidato ai David di Donatello 2023. Stefano, Mateusz e NeoX ne sono felici.

Originariamente pubblicato su federicobo.eu